Il suo nome è “Lagena” dal nome di un boccale a collo stretto usato dai Romani per contenere vino o altri liquidi da portare sulla mensa ed è la Tintilia dell’Azienda D’Uva di Larino che ci viene presentata in degustazione, assieme ad altre tipologie di Tintilia, ad accompagnare una Cena di Gala, nello spettacolare scenario della terrazza del Padiglione Italia e presso il Ristorante Peck, in una serata in cui sono state presentate la “Eccellenze del Molise” con menù tipico e rigorosamente annaffiato da vini molisani, in particolare da quella che ormai, da anni, è la peculiare produzione del Molise e cioè la Tintilia, vitigno autoctono e vino originalissimo.
Presenti i più importanti produttori di Tintilia del territorio e tra questi Angelo D’Uva di Larino che ci racconta la storia del suo vino e della sua cantina.
La Tintilia DOC Lagena è un vino di un bel colore rosso intenso, dai riflessi quasi violacei; al naso regala intensi sentori floreali ed erbacei ma anche di frutta matura, di spezie e di sottobosco marino, in bocca è pieno, ricco, denso e complesso, con sapidità fruttata ed intensa, m
a al tempo stesso agile, profumato ed elegante, di grande classe e finezza, un vino del sud decisamente atipico. Un gran bel vino.
La scelta di non fare maturare la Tintilia in legno – ci racconta Angelo D’Uva - è stata dettata proprio dal desiderio di salvaguardarne la tipicità dei profumi.
Nella vinificazione delle uve alla temperatura controllata di 25 gradi si attua una macerazione per 25 giorni e un successivo affinamento in acciaio e in bottiglia per 6 mesi.
L’Azienda D’Uva è nata con il nonno Angelo che, giunto a Larino nel 1942 per partecipare ad una fiera di bestiame decise di fermarsi e di creare la sua azienda che raggiunse la dimensione di 30 ettari.
Il nipote Angelo, che porta il suo nome, ricorda che le sue parole ricorrenti dirette a lui erano: “Studia così puotrai scegliere quello che vorrai fare da grande”E prima il figlio Sebastiano e poi il nipote Angelo stesso hanno scelto di proseguire la strada del nonno fondatore dell’Azienda, di ampliarla e renderla moderna e funzionale nel rispetto della tradizione della terra di origine.
Se nonno Angelo, negli anni Quaranta, piantava i primi vigneti, e Sebastiano, negli anni Settanta, portava l’Azienda a 70 ettari, il nipote Angelo, l’attuale titolare, ha specializzato l’azienda nella produzione vitivinicola e ha iniziato negli anni 2000 a compiere un notevole salto di qualità con la produzione di vini DOC e IGT ma soprattutto per la capacità di coniugare l’esperienza contadina con le più moderne tecnologie enologiche.
“Nel “2000”- ci racconta Angelo D’Uva - “ abbiamo diversificato la produzione con diverse varietà, impiantando nuovi vigneti e abbiamo anche deciso di aprire la nostra ospitalità creando il settore dell’Agriturismo.
Un’ altra nostra iniziativa è la Fattoria Didattica per abituare ai sapori genuini i consumatori dei nostri prodotti con assaggi di pane, olio, vino e formaggi, tipici delle nostre terre al fine di perseguire la “cultura del gusto e dei sapori”.
Ci parla del progetto modernissimo da gestire in collaborazione con il CNR per attuare un’agricoltura di precisione al fine di coltivare i vitigni più idonei al terreno e al microclima e ad operazioni di inerbimento differenziato del terreno stesso, in base alle sostanze di base presenti o carenti in esso.
Su tutti i vigneti si attuerà la cosìddetta “viticoltura di precisione” che prevede anche un piano di concimazione differenziato ed ecosostenibile, attuato utilizzando una diversificazione della tipologia e della quantità del concime in base alle necessità del terreno. Allo stesso modo, i trattamenti fitosanitari sulle piante avverranno solo in caso di stretta necessità e solo se i comunicati dalle stazioni meteo che sono in grado di prevedere l’andamento dei venti, delle precipitazioni e l’indice di umidità ne rendono consigliabile l’applicazione. Di ogni pianta, oggi, si è in grado, infatti, di verificare l’indice di vigoria per stabilire la quantità e qualità necessaria di concimazione.
I vigneti di proprietà sono messi a dimora sulle colline, ad un’altitudine media di 250 metri slm, allevati a controspalliera con potatura Guyot, per consentire il rinnovo annuale del capo a frutto.
La densità di impianto è di circa 4500 ceppi per ettaro e i terreni, in prevalenza argilloso calcarei, donano particolarità ai vini: struttura là dove l’argilla è più ricca, raffinatezza ed eleganza di bouquet là dove prevale il calcare e i ciottoli drenanti.
Si coltivano il Trebbiano, la Malvasia e lo Chardonnay per i bianchi, il Montepulciano, il Cabernet Sauvignon per i rossi, ai quali si aggiunge la varietà autoctona della Tintilia.
La Tintilia è certamente un vitigno affascinante, uno dei pochi autoctoni rossi, si coltiva sopra i 250 m.slm perché una buona escursione termica favorisce le sue particolari caratteristiche olfattive.
Considerato un tempo di origine spagnola per la peculiarità evocativa del suo nome, alla spagnola “vino tinto” cioè rosso intenso come l’uva da cui viene prodotto, solo di recente le analisi genetiche condotte nel 1998 dall’Università del Molise hanno dimostrato come la Tintilia sia vitigno autoctono molisano che non gode neppure di legami di parentela nè con il Bovale sardo, né con il Tempranillo spagnolo con i quali era stato per molto tempo imparentato.
Merita una citazione la poetica ricostruzione di Livio Palazzo viticultore e produttore di Tintilia che, avendo consultato gli archivi storici molisani, lo definisce “ dono dei mercanti greci “che barattavano con i pastori sanniti e che in cambio di lana , grano e formaggio offrivano raffinati prodotti ed anche le pianticelle di vite che si diffusero intensamente nell’Italia meridionale preromana, chiamata Enotria.
Infatti, tracce di viticoltura molisana, almeno in un ristretto areale situato tra i 450/500 m. s.l.m.,si hanno già ai tempi dei Greci con un vino denominato Paetrutianum e Plinio il Vecchio elogiò, inoltre, un famoso vino della zona di Isernia.
Autoctono di terra molisana, quindi, anche se non bisogna dimenticare che, dopo la caduta dell’Impero romano, la viticoltura fu abbandonata e solo piu tardi, in epoca alto-medievale, ripresa dai frati benedettini e cistercensi che procedettero ad una classificazione abbastanza grossolana di uve e vitigni, ispirandosi a testi antiche e a memorie tramandate.
Non è certo da escludersi che il Tintilia sia realmente vitigno di origine spagnola, arrivato in Italia intorno al Settecento con la dinastia borbonica e ambientato in modo particolarmente felice sul territorio molisano.
Un tempo diffusissima in territorio molisano, ha perso importanza e diffusione negli anni Settanta, quando il mercato decise di privilegiare la coltivazione di uve di grande produzione nonché di vitigni internazionali, più richiesti e di più facile vinificazione; la Tintilia venne così espiantata fino ad una ventina di anni fa, quando appassionati e studiosi decisero un approfondimento ed uno studio particolare del vitigno e sul suo profilo genetico che risultò interessante e tipico soltanto di questa zona.
La DOC Tintilia del Molise fu istituita nel 2011.
Il vino DOP Tintilia del Molise deve essere ottenuto da uve Tintilia almeno al 95%.
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