giovedì 22 ottobre 2015

PROMETTENTI PREMIER CRU' DI BORGOGNA


Sette Premier Cru, sette vini creati da giovani produttori di Borgogna che hanno dimostrato di saper combinare tradizione e innovazione mantenendo, se non innalzando, la qualità universalmente riconosciuta ai vini di uno dei luoghi più vocati al mondo per la produzione vitivinicola, il regno dello Chardonnay e del Pinot Noire, in una regione francese che esprime l’eccellenza e l’essenza di tutto quanto questi vitigni possono offrire.
In degustazione:
- Domaine Faiveley - Meursault 1er Cru "Charmes" 2008
- Domaine Nicolas Rossignol - Volnay 1er Cru "Chevret" 2010
- Domaine Jean Fournier Marsannay Clos de Roy 2012
- Domaine Taupenot Merme AOC Chambolle - Musigny 2009
- Domaine Denis Mortet Marsannay "Les Longeroies" 2009
- Domaine Thibault Liger Belair Nuits St. Georges "Les Charmotte" 2007
- Domaine Bruno Clavelier Vosne Romanée 1er Cru "Les Haut Maizieres" 2009

Una serata che ha lo scopo valorizzare dei grandi vini che saranno sempre piu importanti – dice Vito Intini conduttore della serata con Christian Roger per Onav Milano – “ con vini di giovani e promettenti produttori. Una Borgogna molto interessante ma acquistabile”.
Punto di passaggio, fin dall’antichità, tra il nord Europa ed il Mediterraneo, la Borgogna presenta una storicità vitivinicola carica di valore e di tradizione.
La nozione di terroir nasce storicamente proprio in Borgogna con un solo vitigno il Pinot Nero che riesce ad avere una caratteristica non ripetibile in nessun luogo al mondo e la diversità è dovuta appunto al climat.
La firma del terroir è presente in Borgogna la cui storia vinicola nasce all’epoca dei Romani che qui intrapresero l’uso gallico del legno per la maturazione del vino.
Fu prodotto in Borgogna, quindi, il primo vino secco la cui produzione venne poi imitata dai monaci, prima Benedettini e poi Cistercensi, che coltivarono la vite in zone specifiche e le definirono per le loro caratteristiche, segnando in questo modo i “climat” di maggior o minor pregio.
Il primo terroir venne delimitato nel 632 con Chambertin Close de Beze , due secoli prima di Carlo Magno.
i duchi di Borgogna, poi, proseguirono con la coltivazione del Pinot Noire, vitigno che qui raggiunge l’eccellenza.
Se il 1800 non fu un grande secolo per la Borgogna per malattie della vite, guerre,ecc, il ventesimo secolo fu migliore soprattutto dalla metà degli anni Ottanta quando alcuni personaggi del mondo del vino divennero propulsori anche per gli altri, al fine di risollevare il livello qualitativo della produzione.
Qui, l’uva trova terreni freschi, dove l'acqua non manca mai, ma che non ristagna. Se si guarda la cartografia della "Cote d'Or", la parte più prestigiosa della Borgogna, ci si accorge che in pianura ci sono le denominazioni minori (regionali, comunali), ma, salendo a inizio collina si trovano i Premier Cru, a seguire i Grand Cru’ e, infine, sulla sommità, nuovamente da Premier Cru.
Le viti vengono coltivate con una densità di 8-10 mila piante per ettaro, ossia sono molto fitte, con altezza massima di 40 cm, e forma di allevamento Guyot. Nei Grand Cru’ esse vengono potate cortissime e la resa è, in genere, dovrebbe di 30 ettolitri per ettaro.
1)Domaine Faiveley - Meursault 1er Cru "Charmes" 2008
Un colore giallo chiaro brillante. Molto gradevole il naso espressivo e complesso che si apre con note floreali e leggermente legnose. L'attacco è schietto e rivela un vino pieno e armonico al palato, con bella vivacità, una buona persistenza al palato e aromi molto duraturi.
100% Chardonnay.
2)Domaine Nicolas Rossignol - Volnay 1er Cru "Chevret" 2010
Pinot Noire da uve allevate in un clima molto favorevole su dolci pendii nel cuore della collina, su terroir ricco di pietre calcaree e terreno argilloso con un buon drenaggio.
Nicolas Rossignol organizza raccolta manuale in piccole casse di 8 kg per preservare adeguatamente la frutta prima di un'attenta selezione, attua una vinificazione tradizionale e una lunga maturazione, 20 mesi in botti di rovere.
Eleganza, razza e finezza sono le parole giuste per questo Premier Cru.
Pinot Noire.
3)Domaine Jean Fournier Marsannay Clos de Roy 2012
Clos du Roy è uno dei migliori vigneti del villaggio e produce vino che possiede profondità e complessità. Ricco, pieno, con sapori sottilmente dolci e con un ottimo equilibrio generale.
Pinot Noire.
4)Domaine Taupenot Merme AOC Chambolle - Musigny 2009
Vino rosso di seta, prodotto da uve Pinot Noire, cresciuto negli spazi aperti di Chambolle Musigny. Dopo una raccolta manuale, le uve sono inviate alla cantina e sottoposte a un'attenta selezione. La fermentazione avviene tra i 15 e i 20 giorni in serbatoi di acciaio inox, dotato di un sistema di controllo della temperatura. Vino affinato per 12 mesi in botti di rovere di Allier.
Pinot Noire.
5)Domaine Denis Mortet Marsannay "Les Longeroies" 2009
Rosso rubino. Al naso il frutto è elegantissimo e si tratta di piccoli frutti di bosco, con un lieve sentore vanigliato e pepato. In bocca è pieno, con un notevole equilibrio, moderatamente tannico ma abbastanza da rendere il finale asciutto e molto persistente.
Les Longeroies” è affinato in legni vecchi, che non cedono sostanze al vino ma favoriscono solo la sua maturazione nel tempo. Un ottimo esempio di eleganza.
Pinot Noire.
6)Domaine Thibault Liger Belair Nuits St. Georges "Les Charmotte" 2007
Di profilo aromatico austero con bel sentore fruttato e una speziatura sapiente ed austera, note di liquirizia. Potente al naso.
Pinot Noire.
7)Domaine Bruno Clavelier Vosne Romanée 1er Cru "Les Haut Maizieres" 2009
I vini di Clavelier sono vini di terroir realizzati con grande attenzione ai dettagli sia in vigna e in cantina. L'espressione del terroir è essenziale per Bruno Clavelier.
Pinot Noire.
Come ha commentato Christian Roger – “Quando si apre la porta del Pinot Noire, tutte le altre porte si chiudono”.

lunedì 7 settembre 2015

VINI & VITIGNI: LA TINTILIA IN SCENA ALL'EXPO

VINI & VITIGNI: LA TINTILIA IN SCENA ALL'EXPO: Il suo nome è “Lagena” dal nome di un boccale a collo stretto usato dai Romani per contenere vino o altri liquidi da portare sulla mensa ed ...

LA TINTILIA IN SCENA ALL'EXPO

Il suo nome è “Lagena” dal nome di un boccale a collo stretto usato dai Romani per contenere vino o altri liquidi da portare sulla mensa ed è la Tintilia dell’Azienda D’Uva di Larino che ci viene presentata in degustazione, assieme ad altre tipologie di Tintilia, ad accompagnare una Cena di Gala, nello spettacolare scenario della terrazza del Padiglione Italia e presso il Ristorante Peck, in una serata in cui sono state presentate la “Eccellenze del Molise” con menù tipico e rigorosamente annaffiato da vini molisani, in particolare da quella che ormai, da anni, è la peculiare produzione del Molise e cioè la Tintilia, vitigno autoctono e vino originalissimo.
Presenti i più importanti produttori di Tintilia del territorio e tra questi Angelo D’Uva di Larino che ci racconta la storia del suo vino e della sua cantina.
La Tintilia DOC Lagena è un vino di un bel colore rosso intenso, dai riflessi quasi violacei; al naso regala intensi sentori floreali ed erbacei ma anche di frutta matura, di spezie e di sottobosco marino, in bocca è pieno, ricco, denso e complesso, con sapidità fruttata ed intensa, m
a al tempo stesso agile, profumato ed elegante, di grande classe e finezza, un vino del sud decisamente atipico. Un gran bel vino.
La scelta di non fare maturare la Tintilia in legno – ci racconta Angelo D’Uva - è stata dettata proprio dal desiderio di salvaguardarne la tipicità dei profumi.
Nella vinificazione delle uve alla temperatura controllata di 25 gradi si attua una macerazione per 25 giorni e un successivo affinamento in acciaio e in bottiglia per 6 mesi.

L’Azienda D’Uva è nata con il nonno Angelo che, giunto a Larino nel 1942 per partecipare ad una fiera di bestiame decise di fermarsi e di creare la sua azienda che raggiunse la dimensione di 30 ettari.
Il nipote Angelo, che porta il suo nome, ricorda che le sue parole ricorrenti dirette a lui erano: “Studia così puotrai scegliere quello che vorrai fare da grande”
E prima il figlio Sebastiano e poi il nipote Angelo stesso hanno scelto di proseguire la strada del nonno fondatore dell’Azienda, di ampliarla e renderla moderna e funzionale nel rispetto della tradizione della terra di origine.
Se nonno Angelo, negli anni Quaranta, piantava i primi vigneti, e Sebastiano, negli anni Settanta, portava l’Azienda a 70 ettari, il nipote Angelo, l’attuale titolare, ha specializzato l’azienda nella produzione vitivinicola e ha iniziato negli anni 2000 a compiere un notevole salto di qualità con la produzione di vini DOC e IGT ma soprattutto per la capacità di coniugare l’esperienza contadina con le più moderne tecnologie enologiche.
“Nel “2000”- ci racconta Angelo D’Uva - “ abbiamo diversificato la produzione con diverse varietà, impiantando nuovi vigneti e abbiamo anche deciso di aprire la nostra ospitalità creando il settore dell’Agriturismo.
Un’ altra nostra iniziativa è la Fattoria Didattica per abituare ai sapori genuini i consumatori dei nostri prodotti con assaggi di pane, olio, vino e formaggi, tipici delle nostre terre al fine di perseguire la “cultura del gusto e dei sapori”.
Ci parla del progetto modernissimo da gestire in collaborazione con il CNR per attuare un’agricoltura di precisione al fine di coltivare i vitigni più idonei al terreno e al microclima e ad operazioni di inerbimento differenziato del terreno stesso, in base alle sostanze di base presenti o carenti in esso.
Su tutti i vigneti si attuerà la cosìddetta “viticoltura di precisione” che prevede anche un piano di concimazione differenziato ed ecosostenibile, attuato utilizzando una diversificazione della tipologia e della quantità del concime in base alle necessità del terreno. Allo stesso modo, i trattamenti fitosanitari sulle piante avverranno solo in caso di stretta necessità e solo se i comunicati dalle stazioni meteo che sono in grado di prevedere l’andamento dei venti, delle precipitazioni e l’indice di umidità ne rendono consigliabile l’applicazione. Di ogni pianta, oggi, si è in grado, infatti, di verificare l’indice di vigoria per stabilire la quantità e qualità necessaria di concimazione.
I vigneti di proprietà sono messi a dimora sulle colline, ad un’altitudine media di 250 metri slm, allevati a controspalliera con potatura Guyot, per consentire il rinnovo annuale del capo a frutto.
La densità di impianto è di circa 4500 ceppi per ettaro e i terreni, in prevalenza argilloso calcarei, donano particolarità ai vini: struttura là dove l’argilla è più ricca, raffinatezza ed eleganza di bouquet là dove prevale il calcare e i ciottoli drenanti.
Si coltivano il Trebbiano, la Malvasia e lo Chardonnay per i bianchi, il Montepulciano, il Cabernet Sauvignon per i rossi, ai quali si aggiunge la varietà autoctona della Tintilia.

La Tintilia è certamente un vitigno affascinante, uno dei pochi autoctoni rossi, si coltiva sopra i 250 m.slm perché una buona escursione termica favorisce le sue particolari caratteristiche olfattive.
Considerato un tempo di origine spagnola per la peculiarità evocativa del suo nome, alla spagnola “vino tinto” cioè rosso intenso come l’uva da cui viene prodotto, solo di recente le analisi genetiche condotte nel 1998 dall’Università del Molise hanno dimostrato come la Tintilia sia vitigno autoctono molisano che non gode neppure di legami di parentela nè con il Bovale sardo, né con il Tempranillo spagnolo con i quali era stato per molto tempo imparentato.
Merita una citazione la poetica ricostruzione di Livio Palazzo viticultore e produttore di Tintilia che, avendo consultato gli archivi storici molisani, lo definisce “ dono dei mercanti greci “che barattavano con i pastori sanniti e che in cambio di lana , grano e formaggio offrivano raffinati prodotti ed anche le pianticelle di vite che si diffusero intensamente nell’Italia meridionale preromana, chiamata Enotria.
Infatti, tracce di viticoltura molisana, almeno in un ristretto areale situato tra i 450/500 m. s.l.m.,si hanno già ai tempi dei Greci con un vino denominato Paetrutianum e Plinio il Vecchio elogiò, inoltre, un famoso vino della zona di Isernia.
Autoctono di terra molisana, quindi, anche se non bisogna dimenticare che, dopo la caduta dell’Impero romano, la viticoltura fu abbandonata e solo piu tardi, in epoca alto-medievale, ripresa dai frati benedettini e cistercensi che procedettero ad una classificazione abbastanza grossolana di uve e vitigni, ispirandosi a testi antiche e a memorie tramandate.
Non è certo da escludersi che il Tintilia sia realmente vitigno di origine spagnola, arrivato in Italia intorno al Settecento con la dinastia borbonica e ambientato in modo particolarmente felice sul territorio molisano.
Un tempo diffusissima in territorio molisano, ha perso importanza e diffusione negli anni Settanta, quando il mercato decise di privilegiare la coltivazione di uve di grande produzione nonché di vitigni internazionali, più richiesti e di più facile vinificazione; la Tintilia venne così espiantata fino ad una ventina di anni fa, quando appassionati e studiosi decisero un approfondimento ed uno studio particolare del vitigno e sul suo profilo genetico che risultò interessante e tipico soltanto di questa zona.
La DOC Tintilia del Molise fu istituita nel 2011.
Il vino DOP Tintilia del Molise deve essere ottenuto da uve Tintilia almeno al 95%.






lunedì 22 giugno 2015

VINI & VITIGNI: IL SOAVE, UN GRANDE VINO E UN GRANDE TERROIR

VINI & VITIGNI: IL SOAVE, UN GRANDE VINO E UN GRANDE TERROIR: La zona più antica, definita zona storica, delimitata per la prima volta nel 1931 e coincidente con il Soave Classico si trova sui rilievi ...

IL SOAVE, UN GRANDE VINO E UN GRANDE TERROIR


La zona più antica, definita zona storica, delimitata per la prima volta nel 1931 e coincidente con il Soave Classico si trova sui rilievi collinari dei comuni di Monteforte d'Alpone e Soave ed è coperta da una superficie vitata di 1.700 ettari, ma la zona complessiva di produzione del Soave è situata nella parte orientale dell'arco collinare della provincia di Verona, a nord dell'Autostrada Serenissima, tra il 18º e il 25º km tra Verona e Venezia.
Il Soave fu il primo vino italiano ad essere riconosciuto come “vino Tipico” nel 1931 e la sua produzione crebbe di anno in anno, conquistò il riconoscimento ufficiale del1968 con un vigneto complessivo già allora di oltre 6000 ettari, si consolidò negli anni seguenti fino a raggiungere oggi i 6900 ettari vitati iscritti alla DOC, per una produzione che, nel 2013 ha raggiunto i 517.000 ettolitri.
Oggi, il Soave DOC rappresenta da solo con i suoi 500.000 ettolitri, il 40% della produzione a DOC della provincia di Verona, dove sono concentrati il 14% delle DOC italiane ed il 60 % delle DOC venete.
I vini prodotti nella DOC Soave sono: Soave DOC, Soave Classico DOC, Soave Superiore DOCG, Recioto di Soave DOCG.
Il vigneto del Soave si sviluppa sulle seguenti zone:
Val d'Illasi e Mezzane dove il terreno è costituitoprevalentemente da sedimenti alluvionali-calcarei a tessitura limosa, sabbiosa e ghiaiosa.
Collina di Colognola caratterizzata da terreni coarea collinarei di modesta pendenza con componente basaltica/calcarea nei versanti che guardano ad ovest, quasi esclusivamente calcarea per quelli che guardano ad est. Si parte da un'altitudine di 40/50 metri per arrivare ai 250 sul livello del mare.
Val Tramigna che è una pianura il cui substrato è ben caratterizzato da depositi alluvionali di origine calcarea. La tessitura è limosa e sabbiosa.
Collina del Soave Classico che è area sostanzialmente diversa dalle altre per terreno, pendenze ed esposizioni. Il suolo ha colore scuro, originato da zone basaltiche più evidenti nel versante ad est. L'età media dei vigneti è sensibilmente più alta.
Val d'Alpone, zona molto vasta caratterizzata da suoli originati da sedimenti alluvionali non calcarei in quanto le colline sono costituite da rocce vulcaniche e che è di tessitura limosa argillosa.
E’ una terra generosa, fatta di colline, di suoli vulcanici, di dolci pendii e diverdi distese di vigneti quella che si vede quando si arriva a Soave, da sempre zona ad alta vocazione viticola e culla di un passato glorioso i cui segni si colgono ancora oggi grazie alla cinta muraria e soprattutto grazie al castello medievale che troneggia austero nel cuore della cittadina.
L’intelligente intervento dell’uomo:
“Soave: oltre la zonazione” è il progetto intrapreso da tempo da Veneto Agricoltura e Consorzio di tutela del vino Soave DOC e Regione. Si tratta di un percorso di studio e conoscenza, avviato nel 2005, con il quale sono stati studiati i terroir, e individuati i grandi cru' della denominazione.Lo studio del territorio ha inoltre consentito di analizzare l’identità paesaggistica del comprensorio viticolo e la sua evoluzione nel corso dei secoli.
Con il successivo progetto “Vulcania” si è voluta caratterizzare l’immagine del vino Soave legandola all’origine vulcanica dei suoli. Sono state quindi definite le pratiche agronomiche più appropriate, codificando i diversi modi di interpretare il vitigno Garganega in relazione ai differenti ambienti di coltivazione
Il progetto “Zonazione e clima” (anni 2012-13) ha infine preso in considerazione gli impatti del cambiamento climatico sulla vite, definendo innovativi approcci per l’irrigazione dei vigneto, le forme di allevamento e le tecniche di gestione della parete fogliare.
“Il Soave Classico” - sottolinea Aldo Lorenzoni, Direttore del Consorzio – “ è la zona dove si sono nel tempo sedimentati ed affermati i cru più esclusivi e che vale complessivamente ogni anno oltre 13 milioni di bottiglie per un valore che supera i 35 milioni di euro…”
La Garganega, che è l’uva vinificata almeno per il 70% nell’elaborazione del Soave, appartiene probabilmente al gruppo dei vitigni greci che sono stati trapiantati nella penisola italica in tempi antichi, anche se presenta caratteristiche ampelografiche caratteristiche.
Le prime notizie risalgono alla fine del 1400, quando il bolognese Pier de Crescenzi nel suo trattato sull’agricoltura distinse quest’uva in“mascolina” e “ femminina” in nome di una marcata variabilità intravarietale. Nello stesso trattato, quest’uva era citata come tipica del territorio bolognese e di quello padovano. Più tardi l’area di coltivazione venne riconosciuta nelle province di Vicenza e Verona e nella zona dei Colli Euganei.
La Garganega presenta somiglianze con altri vitigni come il sardo Nuragus, il veneto Glera e il più meridionale Grecanico. Il vitigno Garganega è presente con diversi cloni fondamentali della Garganega, quali la Garganega Tipica (più diffusa), la Garganega Dario o Grossa (più diffusa nelle zone pianeggianti), la Garganega Verde (più diffusa nelle zone collinari vicino a Soave) e la Garganega Agostega (più precoce e sensibile alle malattie, oggi quasi totalmente abbandonata).
Ben adatta all’appassimento è infatti, oltre che per i famosi Bianchi di Soave, molto utilizzata anche nella produzione dei ”Recioti” di Soave e di Gambellara.
Vitigno di molta vigoria che preferisce i terreni profondi, fertili e di buona esposizione e che garantisce produzione elevata e regolare.
Produce vini di color giallo paglierino, con profumi delicati e note di mandorla, con sapore asciutto e un retrogusto lievemente amarognolo. Il corpo è medio, l’acidità equilibrata, l’insieme armonico e delicato.
Si producono con GARGANEGA:
Recioto di Soave DOCG
Soave Superiore DOCG
Arcole DOC
Colli Berici DOC
Colli Euganei DOC
Gambellara DOC
Garda DOC
Soave DOC
Vicenza DOC
La storia della Cantina Gini risale al 1600 e, fin da allora, la famiglia coltiva i propri vigneti in Monteforte, un nucleo famigliare tra i più antichi tra i viticoltori nella zona del Soave Classico.
Esiste un documento del Regno Lombardo - Veneto, datato 1852, che testimonia l’acquisto,da parte di Giuseppe Gini, di una vigna in località Contrada Salvarenza, dove la famiglia Gini possedeva delle terregià dal XVII secolo.
Le conoscenze sono passate attraverso i secoli, di generazione in generazione, fino a Olinto, classe 1929, mastro vignaiolo, che ha trasmesso ai figli le sue abilità e la passione per questo mestiere.
La loro passione si basa sulla volontà di svelare i segreti e le sfumature più nascoste della loro terra, con massima attenzione ma anche nel modo più naturale possibile.
Tradizionee innovazione convivono e operano in armonia in tutte le fasi del loro lavoro, per ottenere prodotti sempre più raffinati.
Fu rivoluzionaria, nel 1985, laprima vinificazione senza anidride solforosa che cambiò il corso dell’enologia elevando la purezza espressiva dei loro vini.
I vigneti sono situati nelle migliori posizioni collinari, ben esposti al sole e distribuiti su 50 ettari tra Monteforte, zona del Soave Classico, e Campiano, zona della Valpolicella doc.
La scelta è stata quella di preservare tutte le vecchie vigne sulle quali è stato lavorato nel corso degli anni. Nessun vigneto è stato sradicato, così oggi si può godere di un patrimonio viticolo storico ed esclusivo. L’ Azienda ha recentemente ottenuto la certificazione biologica quale conferma della vocazione naturale che da sempre la contraddistingue.
La Cantina è sotterranea ed è un luogo particolare: interamente scavata nel tufo vulcanico, lascia intravvedere in più punti la tipica roccia nera della zona.
Qui i vini riposano nella barricaia, respirano in legni delicati e si affinano a temperatura ottimale. Freschezza e umidità sono costanti grazie alla regolazione naturale del sottosuolo.
La parte superiore della cantina, realizzata nel 1980 proprio nel centro di Monteforte,è stata ricavata in vecchi rustici, restaurati utilizzando esclusivamente materiali locali e, in particolare, pietra calcarea proveniente dai vigneti di proprietà.

La parte più alta ospita il fruttaio dove, dalla vendemmia alla fine dell'inverno, le uve vengono coricate in cassette di legno e lasciate asciugare: è il processo chiamato “appassimento”.
SOAVE CLASSICO DOC GINI
è il vino che riunisce le espressioni migliori dei grandi cru.
In una sola bottiglia, tutti i profumi e i sapori della terra. La denominazione "Classico" contraddistingue il Soave prodotto solo nella storica zona collinare in cui tradizionalmente si coltiva l'uva Garganega.
Vitigni
Garganega 100%.

Caratteristiche Organolettiche
Colore: Giallo paglierino conriflessi verde-oro.
Profumo: Intenso e fragrante di fiori bianchi freschi (biancospino, sambuco, ciliegio), frutta tropicale e pesca bianca.
Sapore: Armonico, fine, persistente, con sentori di mandorla e carattere minerale.
La denominazione “Classico” contraddistingue il Soave prodotto solo nella storica zona collinare in cui tradizionalmente si coltiva l’uva Garganega.
Vitigni:Garganega 100%
Coltivazione:Biologica Certificata
Altitudine:da 100 a 200 m.s.l.m. Esposizione: Sud-Est
Tipologia terreno: Rocce vulcaniche e calcaree
Superficie del vigneto: 12 ha
Sistema di allevamento: Pergoletta Veronese Densità dei ceppi per ettaro: 4.000 ceppi/haResa ettolitri/ettaro: 70 hl/ha
Età mediadelle viti: 70 anni
Epoca dellavendemmia: Ottobre
Vinificazione
Le uve vengono selezionate e raccolte a mano. Segue una pigiatura soffice e una lenta fermentazione con lieviti indigeni, tutto senza aggiunta di solfiti.

CONTRADA SALVARENZA "VECCHIE VIGNE"
SOAVE CLASSICO DOC
Sontuosità da vigne centenarie
La leggenda del nome "Salvarenza" racconta che una giovane di nome Renza, minacciata dai briganti, fu salvata da un nobile cavaliere nel luogo dove si producono le uve di questo grande cru. Le vigne hanno un’età superiore ai 100 anni, per un vino adatto a un lungo invecchiamento.
Vitigni
Garganega 100%.
Caratteristiche Organolettiche
Colore:Oro-verde brillante.
Profumo:Complesso e profondo, minerale, ricco di sentori fruttati dolci ed avvolgenti, fiori gialli e frutti esotici.
Sapore: Al palato grasso, sapido, dal registro minerale, pietra focaia e chiodi di garofano. Sentori di pera matura, pesca gialla. Denso, rotondo ed intenso, dotato di un finale nitido e persistente. Vino adatto a lungo invecchiamento.






domenica 31 maggio 2015

VINI & VITIGNI: ORVIETO DOC VINO DI TERRITORIO DELL' AZIENDA PALAZ...

VINI & VITIGNI: ORVIETO DOC VINO DI TERRITORIO DELL' AZIENDA PALAZ...: L’azienda Palazzone è un punto di riferimento nel territorio umbro per la produzione dell’Orvieto bianco di cui si producono complessivament...

ORVIETO DOC VINO DI TERRITORIO DELL' AZIENDA PALAZZONE

L’azienda Palazzone è un punto di riferimento nel territorio umbro per la produzione dell’Orvieto bianco di cui si producono complessivamente circa 16 milioni di bottiglie anche se, purtroppo, non sono numerose le aziende che possono considerarsi di bandiera e che producono vini di eccellenza.
Il territorio umbro è splendido e il vigneto è storico e ad Orvieto si produce tanto: l’Azienda Palazzone è sempre stata in tale panorama vinicolo una produzione significativa per la produzione di vino bianco dell’Italia centrale che si è degustato nella sede Onav di Milano attraverso otto vini in una serata dedicata all’Umbria.
Giovanni Dubini , produttore dell’Azienda, introdotto dalla presentazione di Vito Intini, Presidente Onav, ha sottolineato l’importanza storica dell’Orvieto, affermando che una Denominazione storica e conosciuta in tutto il mondo deve essere valorizzata e protetta dai produttori del territorio. Purtroppo, negli ultimi anni questo vino ha perso un po’ di smalto benchè si tratti di una denominazione importante, la quarta per importanza tra i bianchi italiani, e si dichiara contento di pubblicizzare la sua zona.
La storia

Ad Orvieto si fa vino da 2500 anni, già gli Etruschi lo facevano, in maniera moderna perché utilizzavano le caverne sotto terra e cioè vinificavano a temperatura controllata nelle grotte di tufo dove era possibile un’ottima conservazione.
Il tufo delle rocce è sempre stato un elemento importante sia per la produzione etrusca che per quella romana; qui c’era il porto di Pagliano e c’era la confluenza tra il Tevere e il fiume Paglia e da qui partivano le anfore a forma cubica che arrivavano a Roma a portare il vino della zona. La zona è nota fin da epoca antica per aver restituito resti archeologici.
Il vino è sempre stato importante in questa zona e lo dimostrano anche i documenti medievali che attestano che Luca Signorelli per le sue opere al Duomo di Orvieto, in pagamento volle non solo denaro ma anche vino.
Nell’economia della regione la zona è ancora molto importante e, anche se tutto in 2000 anni è cambiato, non è cambiato il territorio, l’elemento fondamentale…” il pezzo di terra che abbiamo sotto i piedi”.
La forza di Orvieto sta nel territorio e, soprattutto, nell’integrazione tra clima e territorio.
Oggi si producono ad Orvieto tanti vini diversi e, in generale la zona è particolarmente vocata e lo dimostra il fatto che anche il marchese Antinori l’ha scelta per produrvi i suoi vini di pregio; - quindi - afferma Dubini, - noi produttori dobbiamo esserne consapevoli e dobbiamo trasmetterne le caratteristiche e l’eccellenza attraverso i nostri vini -
Orvieto è vicino al lago di Bolsena, fa parte del terreno vulcanico dell’alto viterbese e in questa natura di tipo vulcanico si sono formate molte rocce ma qui la più importante è certamente il tufo, roccia friabile e tipica, seguita dal basalto, pietra dura. Esistono, poi, alcune zone di origine marina dove sussistono i sedimenti lasciati dopo il ritiro delle acque del mare.

Il terroir della zona può essere delineato in tre grandi aree:

1) Una zona del piano sotto la città dove scorre il fiume Paglia, dove c’era il porto di Pagliano ai tempi dei Romani, con terreni alluvionali, ricchi di scheletro, terreni non di ricchezza qualitativa ma di buona fertilità.

2)La seconda zona sita a sud della città, in pratica dietro al Duomo, che è zona collinare con terreno fortemente vulcanico e con terra caratterizzata da un PH di 5 o 6, caratterizzata dalla ricchezza di ferro dove le viti crescono con vigore e potenza.Qui le viti crescono con forza e potenza.

3) Una terza zona a nord della città, zona dove risiede anche l’Azienda Palazzone, in collina con terreni dal PH fortemente alcalini di 7,5 e con terreni calcareo-argillosi e profondi che producono vini di struttura e mineralità ben marcate. Rocca Ripesena di origine sedimentaria, con terreni calcarei e argillosi che producono uve di grande mineralità. Al di là del fiume ci sono poi terreni sabbiosi e limosi.

La zona di produzione è stato delimitata nel lontano 1934 dal prof Garavini che andò in perlustrazione della zona e la delimitò dai 150 metri ai 500 metri slm e ne selezionò le uve che producevano i vini bianchi.

Allora molti vini erano fatti con uvaggi perché si producevano per consumo familiare e i vigneti erano piantati con varietà mescolate e i mosti si producevano con uve mescolate direttamente. Non si piantava mai un singolo vigneto.
La denominazione si è trasformata in DOC alla fine degli anni Sessanta ed è stata creata una DOC enorme per le varie polemiche tra produttori che volevano tutti esserne partecipi. E’ una visione di quei tempi che poi è stata stravolta.
I Vitigni

Oggi il Disciplinare dell’ Orvieto DOC ricalca di fatto il Garavini e definisce vitigno predominante il Procanico che è Trebbiano toscano, poi c’è il Verdello, simile al Verdicchio, il Drupeggio, detto Canaiolo bianco, la Malvasia toscana e il Grechetto.
La creazione delle DOC erano anche questioni politiche e ci vollero 7 anni e fu creata una denominazione enorme che copre circa 60/70 chilometri.
Drupeggio e Grechetto erano varietà minori.
Il 60% doveva essere però Trebbiano.

Ma quando si sono vinificate le varietà separatamente si è scoperto che il Grechetto è risultata uva più ricca e aromatica con tannicità e finale amarognolo e si è iniziato a mettere nell’uvaggio moltissimo Grechetto alterando così la ricetta originale del vino. Uva ricca con aromaticità particolare, certo, ma questo ha sfasato tutto, ha cambiato il vino.

Dei 16 milioni di bottiglie prodotte, Il 90% dell’Orvieto è purtroppo prodotto da case vinicole non del luogo, non di Orvieto e il Disciplinare si discute nei Consorzi di tutela e lo fanno come desiderano le maggioranze ma questo non è giusto perchè si vota in base agli ettolitri prodotti. Grossa aberrazione.
Io, afferma Dubini, ho reimpiantato i vigneti che mio padre ha piantato agli inizi degli anni 70 e posso dire che è sempre il blend che fa buono il vino e il Trebbiano è vitigno molto importante.
Le uve hanno grossi caratteri singolarmente ma è il blend che va bene.
Il Trebbiano è il più importante vitigno ed è lo scheletro che dà la durata del vino perché è vitigno tendenzialmente neutro ma se è coltivato in terreni adatti dà la durata e questo in particolare per il Clone Procanico.
Il Verdello dà la parte acida del vino, è simile al Verdicchio, vitigno acido ed è la spina acida.
La Malvasia è la parte aromatica dell’Orvieto che non è stata reimpiantata
Il Grechetto è varietà diventata famosa ed e’ autoctona dell’Umbria; è vitigno rustico come molti vitigni umbri e dà un bel finale amarognolo.
Oggi il discorso riguardante il vino di Orvieto e’ allucinante perché, secondo il Disciplinare per il 40% e’ liberoa la scelta delle uve.
Questo snatura le cose ed è difficile trovare una identità dell’Orvieto.
A mio modo di vedere - afferma Dubini - dovrebbe essere un vino dell’Italia centrale dove la parte aromatica non deve essere troppo importante ma deve essere maschio, con struttura e lunghezza e la giusta vena acida e con una buona potenzialità di invecchiamento.

L’Azienda e il suo terroir

A Orvieto si vinifica fin dai tempi degli Etruschi e, fin da allora, il vino di Orvieto a base di uve Trebbiano o Procanico, è conosciuto e famoso.
Le vigne dell’Azienda Palazzone sono costituite da aree piccole, dei veri e propri crù, con caratteristiche diverse e che solo l’esperienza di molti anni e di molte vendemmie permette di riconoscere e valorizzare.
Le viti si estendono sul versante della collina tra la Rocca Ripesena e il Romitorio a due passi da Orvieto, tra i 210 e 340 mt.s.l.m., esposte a seconda delle pendenze ad E o E-NE.
La natura delle rocce dei luoghi è costituita da argille, limi e livelli sabbiosi; si tratta di 24 ettari vitati in collina, in una cornice paesaggistica di rara bellezza, coltivati con le uve tradizionali dell’Orvieto: Procanico e Grechetto principalmente, poi Verdello e Malvasia a completare l’uvaggio. Ma anche vitigni internazionali: Sauvignon per la Muffa Nobile e Viognier, una delle prime coltivazioni in Italia.
“…tutto è cominciato con l’assaggio di alcuni vini fatti in modo artigianale quandol’azienda serviva solo a fare il vino per la casa. Ci ha colpito l’integrità di alcuni bianchi che pur fatti in modo rudimentale avevano raggiunto con disinvoltura i dieci anni. Nello stesso modo abbiamo progettato i primi vini dolci, da impressioni fugaci, fulminanti, donate da qualche bottiglia contadina…”


Con la diga del lago artificiale di Corbara formatosi negli anni 60 con la costruzione del bacino idroelettrico del fiume Tevere tutto è cambiato nella zona per quanto riguarda le condizioni climatiche.
Si è passati allora ai vini botritizzati sulla pianta perché si è venuta a creare una zona nella parte più bassa della collina con nebbie mattutine ma anche con clima fresco e con terreno soleggiato in zone ad esposizione nord est.
Il vigneto che produce uve botritizzate viene curato particolarmente, è tutto impiantato a Sauvignon al 100%, viene scacchiato e diradato con attenzione e alla fine di ottobre/ primi di novembre si ha buona surmaturazione
I grappoli sono molto attaccati uno con l’altro e si cerca di lasciare i piu’ spargoli perché si asciughino velocemente.
Segue l’assaggio dei vini:

Viognier 2014

Grechetto 2014

Terre Vineate 2014/2013

Campo del Guardiano 2012 - 2010 -2005

Muffa Nobilis 2013



Qui sono nati grandi vini come, appunto

1)Campo del Guardiano
Orvieto Classico Superiore BiancoDoc
Una selezione di Orvieto Classico Superiore, che si affina per diversi mesi in bottiglie coricate in una cavità nel tufo sotto un bosco di castagni.
La complessità degli aromi e la freschezza del frutto restano intatti con il passare degli anni, dimostrando la sua sorprendente capacità di invecchiamento.
Vitigni
Procanico50%
Grechetto30%
Verdello,Drupeggio, Malvasia 20%

2)Muffa Nobilis
Umbria igt
Orvieto è una delle rarissime zone d’Italia vocate alla produzione di vini dolci, una fama che si tramanda da secoli, già dal tempo degli Etruschi. Su un terreno esposto in modo tale da consentire alle nebbie che si formano al primo mattino di favorire lo sviluppo della Botrytis Cinerea nasce la Muffa Nobilis. La vendemmia, dalla fine di Ottobre, avviene con meticolose raccolte per garantire la qualità dei grappoli colpiti dalla Botrytis.
Vitigni
Sauvignon100% colpito da Botrytis

3)Viognier
Umbria igt
Il Viognier rappresenta da diversi anni l'esperienza nelcoltivare e vinificare particolari vitigni internazionali, associando lepotenzialità della terra di Orvieto con la passione per la ricerca esperimentazione enologica.
Vitigni
Viognier 100%

4)TerreVineate
Orvieto Classico Superiore
L' esperienza ha permesso negli anni di scegliere nei vignetidel Palazzone piccole porzioni di terreno dove ottime esposizioni e opportunepotature che limitano la produzione permettono di ottenere grappoli migliori diProcanico e Grechetto selezionati per produrre il Terre Vineate, un nome cheevoca catasti medioevali.
Vitigni
Procanico 50%
Grechetto 30%
Verdello, Drupeggio, Malvasia 20%

5)Grechetto
Grechetto Umbria igt
Identificato oggi da opportune selezioni clonali Grek rappresenta il contributo dell'Azienda alla riscoperta e alla valorizzazione di un antico vitignodell’Umbria, il Grechetto, capace di rappresentare la tradizione e la tipicitàdel territorio.
Vitigni
Grechetto 100%

Responsabile non ultimo di questi vini rari e inconfondibili è anche l’atollo di tufo che domina il paesaggio di Rocca Ripesena che è la testimonianza di un tumulto tettonico ed è in stretta armonia e somiglianza con l’incredibile piattaforma tufacea che contiene la città di Orvieto, entrambi legati in un gigantesco fenomeno creativo che ha contribuito a far crescere quest’uva profumata e ricca e il vino che ne deriva in un paesaggio di bellezza rara e grandiosa.