lunedì 16 luglio 2012

Da i Racconti del vino:Il lambrusco

Sebbene di origine antichissima, il Lambrusco ha sempre stentato ad essere ben conosciuto ed apprezzato fuori dalla sua zona di produzione, cioè nelle province di Reggio Emilia e di Modena. Vino dalla spuma vivace con sentore di violetta. I Romani chiamavano le viti selvatiche che crescevano ai margini (labrum) dei campi coltivati (bruscum) labrusca vitis. Con il tempo il nome diventò Lambrusco e l’appellativo si riferisce a una famiglia di viti, coltivate soprattutto nell’Italia del nord. Le più importanti di queste viti, in termini di produzione di vino, sono il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino (così chiamato perché si dice che i suoi grappoli assomiglino a dei salami) e il Lambrusco Grasparossa (così chiamato per il suo graspo rosso). Dei tre, il Lambrusco di Sorbara produce il vino più leggero e gustoso, con dolci sfumature di succo di lampone. Nel naso c’è chi scopre le viole e, sul palato, aromi di fragole e ciliegie. Il vino fatto con il 100% di Lambrusco Salamino ha un colore scuro, quasi un porpora opaco con una vivace schiuma viola, aromi di frutta selvatica e corpo medio. Il Lambrusco Grasparossa è rubino, con schiuma color ciliegia. I suoi aromi sono più ampi e i meno precisi dei tre. Si possono fare vini con ciascuno di questi tre vitigni presi da soli oppure mescolandoli con altre sottovarietà del Lambrusco, come il Lambrusco Marani, il Lambrusco Maestri e il Lambrusco Ruberti. Andrea Bacci (1524-1600), archiatra di papa Sisto V e autore di uno dei trattati più importanti sui vini italiani ed europei, il De Naturali Vinorum Historia, è stato veramente il primo a notare le differenze presenti nelle zone di produzione del Lambrusco. Egli afferma: “Sulle colline di fronte alla città di Modena vengono coltivate delle viti di Lambrusco, i cui grappoli bianchi e rossi producono vini speziati e fragranti, che fanno una schiuma deliziosa quando vengono versati nel bicchiere”.



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