mercoledì 1 maggio 2013

L'ANTICA NOBILTA' DEL BARBARESCO



Barbaresco, in provincia di Cuneo, antico territorio di langa abitato da Liguri e Celti già tre secoli prima di Cristo, fu conquistato dai Romani che vi fondarono un loro avamposto militare di difesa ed un primo nucleo abitativo.
Definito allora “Barbarica Silva”per il contatto con le popolazioni barbariche, era luogo coperto da una grande foresta di querce dedicata al Dio Marte che i Romani provvidero a tagliare per piantare le prime viti.
Altra opinione è che il toponimo derivi dai Barbari che presero possesso del territorio alla caduta dell’Impero romano.

La terra geologicamente ha origine nell’era terziaria ed è costituita da colline di strati in prevalenza marnosi e tufacei frammisti a lastre di composizione sabbiosa,di altitudine tra i 300 e i 400 metri s.l.m.
La coltivazione vitivinicola iniziata con i Romani continuò in epoca barbarica e medievale e il vitigno di eccellenza di queste terre pare fosse fin da allora il Nebbiolo, vitigno nobile , antico, forse di origine greca, che qui aveva la sua zona di elezione per terreno e clima.

Anche sull’origine del nome del vitigno si sono fatte diverse ipotesi:
si dice che fu chiamato Nebbiolo per la pruina, sostanza bianca come un velo di nebbia che copre l’acino d’uva o perché tale vitigno matura tardi e ha vendemmia quasi tardiva, appunto già al tempo delle nebbie.(Lorenzo Tablino)
Sicuramente vi fu notizia di vini di queste terre a base di Nebbiolo nell’Ottocento quando l’enologo francese Louis Oudart insegnò a produrre un vino secco sulla scia dei vini borgognoni, al posto dei vini zuccherini allora in commercio che pare piacessero molto alla nobiltà del tempo ed uno di questi vini, col nome di Neive, vinse un premio all’ esposizione di Londra del 1862.
Con la stessa tecnica, trent’anni più tardi, fu prodotto il Barbaresco del Castello di Barbaresco.

Il Nebbiolo può essere di tre qualità:
Lampia con grappoli allungati e polpa dolce e acidula
Michet con grappolo piccolo
Rosè meno coltivato
Si coltiva nei territori delimitati con D.M. del 1933 nei soli comuni di Barbaresco, Neive , Treiso ed Alba (per la sola frazione San Rocco) con una densità di 3500 ceppi/ ha., in zone che devono avere esposizione a sud, sud/ovest o sud/ est, in forme di allevamento a spalliera e a guyot.
Si produce un ottimo rosso che richiede almeno 26 mesi di invecchiamento in legno e che ottenne la DOC nel 1966 e la DOCG nel 1980.
Il territorio di Barbaresco, fin dal 2006,è stato uno dei primi a definire i suoi crù principali, cioè i terroir di eccellenza per la coltivazione e la produzione del vino.
Si possono ricordare:Rabajà, Asili, Martinenga, Montestefano, Montefico,San Lorenzo, Rio Sordo, Secondine, Paglieri, Pora.
A Treiso:Caso, Marcarini, Paiorè, Rombon, Giacosa.
Ad Alba:Montersino e Rizzi.
A Neive:Gallina,Albesani, Basarin,Cottà e Currà.

Il Barbaresco è uno dei vini d’eccellenza piemontesi che , insieme al Barolo,mantengono alta la richiesta ed il gradimento a livello mondiale.
Rosso granato , colore dovuto al vitigno non ricco di antociani, ha nel bouquet floreale ed etereo, speziato e complesso la sua massima caratteristica. Il sapore è forte , asciutto, pieno, tannico e robusto.
Vino longevo,può essere prodotto con tipi di vinificazione differenti:
La più tradizionale prevede una fermentazione con lunga macerazione sulle bucce:con cappello sommerso durante il processo fermentativo e con macerazione a freddo per 20/30 giorni.Segue la maturazione in grandi botti di rovere.
La tecnica più innovativa prevede , invece, l’utilizzazione di rotofermentatori onde estrarre rapidamente gli antociani dalle bucce in 3/ 4 giorni, con sistemi computerizzati onde favorire rapidamente il processo di estrazione.Poi barrique per lungo periodo ed affinamento in bottiglia.
Due stili diversi e diversamente validi per produrre un ottimo Barbaresco, a seconda delle preferenze.
Il vino si serve a 18°/20° e si accompagna benissimo con piatti ricchi ed elaborati quali i tipici piatti della cucina piemontese, dalla selvaggina ai ragù, dagli agnolotti ai brasati, ma è è ottimo con salumi dal sapore consistente e con formaggi stagionati dolci e sapidi, nonché con frutta secca e dolci a base di mandorle e noci.


domenica 21 aprile 2013

ENOVAGANDO PER I BALCANI


La serata organizzata da Onav Lombardia dedicata ai vini dei Balcani è stata realizzata in collaborazione con Balkans Wine e si è presentata come un’anteprima della manifestazione che si terrà a Sofia, in Bulgaria, dal 16 al 19 maggio.
Sono stati presentati una settantina di vini ottenuti sia da vitigni autoctoni che internazionali, provenienti dall’est europeo in una grande esposizione di prodotti di paesi europei di grande tradizione vinicola quali la Grecia, la Romania, la Moldavia , la Bulgaria e la Turchia - dove pare siano stati trovati i primi esemplari della Vitis Vinifera in Anatolia orientale - ma anche di prodotti di paesi di più recente costituzione vinicola, quali i paesi dell’ex Jugoslavia, Serbia, Croazia e Macedonia.


L’area del Sud-Est Europa rappresenta una Regione con la quale la stessa Europa intrattiene un rapporto di guida e dove soprattutto l’Italia e la Francia hanno investito importanti capitali, dopo la raggiunta stabilità politica dei paesi dell’ex Jugoslavia.
L’Italia è stata per molti aspetti artefice di tali dinamiche e oggi circa 30.000 aziende italiane sono presenti nei paesi dell’area balcanica.E'anche il primo partner commerciale dell’Albania, della Croazia e della Serbia sia per vicinanza geografica che per i profondi legami storici.


Il pubblico è stato numeroso e interessato a queste nuove realtà vitivinicole soprattutto nei confronti dei vini da uve di vitigni autoctoni:

Presentato dalla Bulgaria il MAVRUD,
vinificato sia in purezza sia in uvaggio con uve da vitigno internazionale( bulgaro : мавруд, dal greco μαύρος, Mavros, " nero ") è un vino d'uva rossa della Tracia, nella Bulgaria meridionale.
Il vitigno, a basso rendimento e vendemmiato a maturazione tardiva produce un vino forte e speziato e con buona potenzialità di invecchiamento.
Leggendaria davvero la sua origine: nel IX secolo, il re Khan Krum ordinò di espiantare tutti i vigneti. Tempo dopo,quando un leone scappato dalla gabbia terrorizzava la popolazione, solo un uomo, di nome Mavrud, sprezzante del pericolo, diede la caccia alla bestia, uccidendola. Alla domanda del re su quale fosse il segreto di tanto coraggio, la madre di Mavrud rispose che, in tutti quegli anni, egli aveva conservato una pianta di vite, con cui aveva prodotto vino. Ed era stato quel vino rosso e potente ad aver forgiato il carattere del ragazzo. Da quel giorno il sovrano ordinò di piantare di nuovo vite in tutta la regione.
Il Mavrud si coltiva con grandi risultati soprattutto nella Tracia occidentale,in una grande pianura riparata dai venti gelidi del Nord.

Il PROKUPAC
presentato dalla Serbia,viene coltivato nella zona di Smederevo, ad una quarantina di km da Belgrado, in una zona caratterizzata da terre brune bagnate dal Danubio e dalla Moldava:
Il vitigno produce un vino ricco, di buona gradazione alcolica, tannico e rotondo da abbinare con piatti di carne (musaka, sarma e podvarak, carni di capra) e formaggi.
La TAMJANIKA,
sempre presentata dalla Serbia è una locale varietà di moscato e cresce nel bacino della Morava, in ottime condizioni pedoclimatiche.

La FETEASCA NEAGRA
dalla Romania è il vitigno autoctono più interessante presentato dalla Romania e produce un vino dalla spiccata speziatura che ricorda a tratti lo Zinfandel o il Syrah francese, ma con buona acidità e personalità.
La FETEASCA REGALA
produce vini freschi e spumanti.
La Grecia è presente con ASSIRTIKO e SAVATIANO


Le Aziende presenti:
BULGARIA:
Angelus Estate
Rumelia Winery
Magura Winery
Edoardo Miroglio
Marash
Dragomir
Santa Sarah
Globe Distillers
Copsa
Peshtera
Villa Meinik
Gulbanis Wine

SERBIA:
Zvonko Blanc
Alexandrovic
Budimir
Radavanovic
Spasic
Ivanovic
Matalj

MOLDOVA:
Berhord
MACEDONIA:
Stoby Vinery

CROAZIA:
Vino-Hvar d.o.o Caric

GRECIA:
Mylonas Vinery
Angelos Noulas

TURCHIA:
Suvla
Kavaklidere

ROMANIA:
Vinarte
Avincis



mercoledì 20 marzo 2013

BREGANZE, UNA DOC DALLE MOLTE MERAVIGLIE



La Doc Breganze, una delle più rappresentative del Nord-Est italiano, si estende a nord di Vicenza, a sud dell'altopiano di Asiago, in un territorio collinare dove al centro è situata, appunto, la cittadina di Breganze. La zona è quella racchiusa tra le Valli del fiume Astico e del fiume Brenta e comprende cittadine turistiche come Marostica e Bassano del Grappa.

La Doc raggruppa 15 tipologie di vini:

Rosso
Merlot
Cabernet
Cabernet Sauvignon
Pinot Nero
Marzemino
Bianco
Tai
Vespaiolo
Vespaiolo Spumante
Pinot Grigio
Pinot Bianco
Chardonnay
Sauvignon
Torcolato
Le Cantine di Breganze , presenti a Milano , nella sede Onav di Via Melzo 7, il 18 marzo 2013, sono state 10 e la degustazione dei vini è
stata accompagnata dall’assaggio di formaggio “Asiago” fresco DOP e di “Asiago “stagionato DOP e dal formaggio “Vezzena Pennar”.

In questa zona le viti sono coltivate sia nella fascia collinare, su terreni tufici ,vulcanici e morenici, sia nella zona pianeggiante, terra in cui le ere geologiche e la forza dei torrenti hanno accumulato ghiaia bianca.
I vigneti sono riparati grazie al clima mite, in quanto la zona è protetta a nord dall’altopiano di Asiago.
La DOC Breganze è nata nel 1968.
La resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini "Breganze" Bianco e Rosso non deve essere superiore a quintali 140 per ettaro di vigneto in coltura specializzata, mentre per gli altri vini non deve essere superiore ai quintali 130 per ettaro di vigneto in coltura specializzata.
Il vitigno autoctono della zona è il Vespaiolo, localmente detto “Bresparolo”, il cui nome deriva dalle vespe,in dialetto locale “brespe”che assalgono gli acini di questa uva molto dolce.
Viene vinificato sia come bianco secco sia come spumante sia come l’ormai famosissimo Torcolato.

Il Bianco secco , chiamato Vespaiolo, è vino di color giallo paglierino con riflessi verdolini, ha un bouquet floreale e fruttato,dagli aromi di mela e di acacia e al gusto si mostra secco, asciutto, con una nota lievemente aromatica e con ottime sapidità e freschezza. Un vino elegante, raro,versatile per il suo corredo varietale fresco a acido, riconoscibile per le note minerali nette e gradevoli.
Si abbina al pesce, tipo baccalà alla vicentina, ai carpacci, alla trota e alle verdure al forno o grigliate e ai ripieni e tortini con erbette, asparagi e uova.
Anche quando viene spumantizzato, mantiene tutta la sua freschezza e la sua aromaticità.
Ma il fiore all’occhiello è inevitabilmente il famoso Torcolato, vino prodotto con uve tardive, solo i migliori grappoli, raccolti rigorosamente a mano e posti ad essiccare appesi o in cassette ben arieggiate per alcuni mesi. Ancora in uso oggi ma, soprattutto in passato, l’uso di mettere l’uva ad appassire in lunghi torciglioni in verticale, legati da spaghi, che lasciavano spazio tra un grappolo e l’altro per arieggiarla ed impedirne l’ammuffimento.
Si vendemmia, di solito, a gennaio o febbraio.
La fermentazione è lenta e il passaggio in legno pregiato è fase che esalta gli aromi.
La produzione è limitata , sia per la scarsa resa, sia per la produzione di tipo artigianale che questo vino richiede.
Il Torcolato è il vino passito che, in tutto e per tutto, è l’essenza di questo territorio.
La resa è molto bassa: da 100 chili di uva Vespaiola si ottengono tra i 25 ed i 30 litri di Torcolato, un nettare prezioso, quindi, prodotto in circa 100.000 bottiglie nei vari formati, che raccolgono e conservano i 50.000 litri di vino ottenuto,
Il Torcolato di Breganze ha il colore dell’oro,un bellissimo giallo dorato e brillante.
Al naso offre un bouquet intenso e ricco:miele, uva passa, spezie, vaniglia, legno, fichi secchi; in bocca è pieno e corposo con un perfetto
equilibrio tra acidi e zuccheri, è vellutato e sostenuto da una buona struttura.
Vino da meditazione, vino delle feste,delle grandi occasioni , da degustare in abbinamento a formaggi erborinati, a piatti a base di fegato d’oca ma anche a dolci secchi.
Se servito a temperatura di 14°/ 16° gradi, se ne apprezzano meglio profumi e caratteristiche degustative .
Nei tempi passati veniva somministrato alle puerpere, agli anemici, era, insomma, una risorsa naturale.


Altro fiore all’occhiello della Doc Breganze è la vinificazione ad alto livello di vitigni internazionali, soprattutto di uve da taglio bordolese, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot, vinificate con particolare cura e poi assemblate ed invecchhiate in legno.
Il risultato e’ la produzione di vini possenti, robusti e raffinati, di ottimo equilibrio e di grande fascino.
Uno per tutti il vino “Due Santi” dell’Azienda Zonta , vino molto ricco e profondo ottenuto con il 75% di Cabernet Sauvignon, il 15% di Cabernet Franc e il 10% di Merlot.
Per ottenere questo vino che si presenta di grande carattere e personalità, con un intenso profumo di frutti di bosco e di spezie, una grande eleganza ed una lunga persistenza, sono utilizzati 15 cloni diversi di Cabernet Franc e 5 cloni diversi di Cabernet Sauvignon, vinificati separatamente e affinati, sempre separatamente, in barrique di primo passaggio ed infine assemblati.
Un vino raro ed intenso di cui si conserva il ricordo e che è opportuno citare.
Ma tutte le aziende in esposizione hanno mostrato i loro “tesori”.


Le cantine di Breganze presenti a Milano sono state:

la Tenuta Bastia di Mario Saccardo (Breganze DOC Pinot Bianco Conventino 2012, Breganze DOC Marzemino 2009 e Breganze DOC Torcolato 2007),

Ca’ Biasi di Innocente Dalla Valle (Breganze DOC Vespaiolo 2012, Breganze DOC Merlot 2011 e Breganze DOC Torcolato 2009),

La Cantina Beato Bartolomeo da Breganze (Breganze DOC Vespaiolo Spumante Extra Dry, Breganze DOC Pinot Nero Savardo 2010 e Breganze DOC Torcolato Bosco Grande 2008),

Col Dovìgo (Breganze DOC Vespaiolo Spumante Extra Dry Perlena 2011, IGT Veneto Rosso Suam 2010 e Breganze DOC Torcolato 2007), Maculan (IGT Veneto Sauvignon Ferrata 2012, IGT Veneto Rosso Fratta 2009 e Breganze DOC Torcolato 2009),

Maculan (Ferrata IGT 2012,Fratta IGT 2009,Torcolato DOC 2009)

Firmino Miotti (Breganze DOC Vespaiolo 2012, Breganze DOC Rosso 2009 e Breganze DOC Torcolato 2005),

Vigneto Due Santi (Breganze DOC Sauvignon 2010, Breganze DOC Cabernet Due Santi 2009 e Breganze DOC Torcolato 2008),

Villa Angarano (Breganze DOC Vespaiolo 2011, Breganze DOC Rosso 2009 e Breganze DOC Torcolato 2008),

Villa Magna (Breganze DOC Vespaiolo 2011, Breganze DOC Cabernet 2010 e Breganze DOC Torcolato 2006),

Vitacchio cav. Guerrino (Breganze DOC Vespaiolo 2011, Breganze DOC Cabernet 2011 e Breganze DOC Torcolato 2007)

















domenica 17 marzo 2013

I TESORI DELLA VALLE D'AOSTA



Nella Val d’Aosta si producono ogni anno 2,5 milioni di bottiglie da circa 700 ettari. Ci sono 6 cooperative e 36 imprenditori del vino. Dal 1975 c’è una sola doc («Valle d’Aosta») con 7 sottodenominazioni territoriali: Blanc de Morgex et de La Salle, Enfer d’Arvier, Torrette, Nus, Chambave, Arnad-Montjovet, Donnas.
Les Cretes è il piccolo colosso: 25 ettari, 18 dipendenti, più di 200 mila bottiglie.

Con lui ci sono i vignaioli che in montagna conquista la terra facendosi largo tra rocce e boschi. Come Elio Ottin, solo 4 ettari: che da 5 anni si è fa notare con il Torrette Superiore e il Petite Arvine. O i 5 fratelli Grosjean, 80 mila bottiglie da 10 ettari senza chimica, il Pinot nero è il fiore all’occhiello. Sono amici di Marco Martin, dell’azienda Lo Triolet, che ha messo a punto un notevole Pinot nero da solo mezzo ettaro di terra. Tra i vignaioli di seconda generazione c’è Giorgio Anselmet: la Maison, fondata dal padre Renato, ha un ricco paniere di vini in cui spiccano il Traminer Stephanie e il Pinot nero.

Un caposaldo è l’Institut Agricole Régional, centro di ricerca e didattica che firma vini di qualità come il bianco Perce-Neige. Il direttore, Andrea Barmaz, ha lanciato l’azienda Di Barrò con la moglie Elvira Stefania Rini, puntando su rossi strutturati (Torrette Superiore Ostro) e sul Pinot gris. Tra le coop si distingue Donnas: il Vielles Vignes, a base di Nebbiolo, ha forza e carattere. Altra coop che eccelle è la Crotta di Vegneron con il Chambave Muscat. Sarebbe piaciuto a Soldati, alla pari di quello di Hervé Deguillame, piccolo produttore con La Vrille (un ettaro e mezzo). Nato in Francia e tornato a Verrayes, nella terra d’origine con la moglie Luciana Neyroz, il montanaro Hervé ha alle spalle una bizzarra carriera di marinaio. Come gli altri vignaioli d’alta quota ha un volto «leale nel segno del vino leale».

mercoledì 13 marzo 2013

LA BARBERA : UN VITIGNO RESISTENTE, UN VINO IMPORTANTE



Il vitigno che, da solo, copre circa metà della superficie vitata del Piemonte,considerato da sempre generoso produttore di un vino possente ed asprigno ma sostanzialmente “da osteria”, sta proseguendo, in questi ultimi anni, il suo percorso di restiling che lo ha fatto conoscere e rivalutare in quanto vitigno robusto e molto produttivo ed in quanto materia prima di un vino di classe e di struttura.
In realtà le origini della Barbera ( termine usato anche al femminile sia per uva che per vino) non sono chiare ed il vitigno è uscito dall’anonimato soprattutto nell’Ottocento, in massima parte nelle province di Asti e di Alessandria, in quanto resistente alla filossera più di qualsiasi altro tipo di uva.
Secondo il prof. Attilio Scienza, il Barbera è geneticamente affine al Mourvedre, vitigno del sud della Francia, diffuso anche in Spagna col nome di Monastrell e la sua origine pare sia testimoniata già nelle carte dell’Archivio capitolare di Casale Monferrato nel 1249 ma, nell’antichità, si vinificava con residui zuccherini accentuati perché il mercato richiedeva un vino amabile.

Fu solo nella seconda metà dell’Ottocento che un graduale cambiamento del gusto portò alla produzione di vini secchi, forse in seguito alla vinificazione del Barolo prodotto da Camillo Cavour nelle tenute del Castello di Grinzane, su suggerimento dell’enologo francese Oudart, già esperto vinificatore in Borgogna.
Questo “vino possente, sempre piuttosto severo e ricco di profumo e di un sapore che alla forza unisce la finezza” come viene menzionato nella stesura del primo trattato ampelografico dei vitigni coltivati su territorio piemontese, eseguito dal Direttore della Società Agraria di Torino, nel 1798, è frutto della “Vitis Vitifera Monsferratensis, ovvero del territorio che ha come capoluogo la città di Asti.
L’etimologia potrebbe derivare, secondo recenti interpretazioni,da “barba” cioè dal sistema complesso di radici del vitigno unito ad “albera”, termine che indicava i siti boscosi dove anticamente le viti presero il posto degli alberi.
Diffuso ampiamente in Piemonte ma presente anche in Lombardia e nel centro Italia, le zone di prevalente crescita sono: l’Astigiano, il Monferrato, l’Albese, le Colline tortonesi e l’Oltrepò pavese.

Vitigno rustico con notevole capacità vegetativa offre una elevata produzione di grappoli, è poco soggetto a variazioni climatiche e ad attacchi di parassiti e muffe; ama i terreni argillosi e poco fertili,si adatta a climi siccitosi e ventosi.
Il riconoscimento della DOC risale al 1970, la DOCG è del 2008.
In Piemonte, terra di elezione, si suddivide tradizionalmente in :
1)Barbera del Monferrato Superiore
2)Barbera d’Asti con sottozone Nizza, Tinella, Colli Astiani.

Il vino prodotto è robusto e ricco di personalità e per decenni ha rappresentato il classico vino rosso “da pasto”e ha sempre goduto di buona presenza, oltre che in Piemonte, terra d’elezione, in area milanese e brianzola; alcuni produttori storici, a partire da fine Ottocento lo hanno diffuso in bottiglia, invece che sfuso,migliorandone l’immagine e dimostrando che si tratta di vino adatto all’invecchiamento ed all’affinamento in legno.
Risalgono agli anni Sessanta i segnali di una prima rivalutazione del vino e di un cambio di rotta nei criteri di comunicazione del prodotto che gode di citazioni illustri di personaggi come Gianni Brera, Mario Soldati, Luigi Veronelli ecc
Ma , come afferma Burton Anderson nel suo volume “Barbera” scritto con Mario Busso, Maurizio Gily e Donato Lanati, il merito di aver dato il via alla rinascita della Barbera è da attribuire a Giacomo Bologna,che , nel 1982, ha presentato il suo capolavoro, un vino grandioso, il “Bricco dell’Uccellone”.
Creato a Rocchetta Tanaro, vicino ad Asti,è stato uno dei primi Barbera ad essere maturato in botti di rovere piccole o barrique ed il legno ha contribuito a dare profondità al bouquet e al sapore.
Altri produttori, in seguito, hanno seguito quella strada scoprendo che il Barbera ben si adatta al legno che attenua l’acidità e aumenta i tannini.

Di importanza basilare è sempre certo la vigna, cioè la qualità delle uve e il fatto che i vigneti siano allevati in luoghi caldi, soleggiati e possibilmente collinari.
Di fondamentale importanza è limitare la naturale generosità del vitigno,con potature corte e poca concimazione e vendemmiare a piena maturazione del frutto per aumentare il tenore zuccherino e diminuire l’acidità che può diventare troppo invadente. Negli anni Ottanta, poi, il Centro Vite del CNR di Torino ha ottenuto nuovi cloni a grappolo piccolo, utilizzati per produzioni di gran risultato.
Non solo lo stile della Barbera può essere, quindi, quello di un vino vivace e brillante, come è sempre stato tradizionalmente ma la direzione futura va verso una Barbera classica, strutturata, appagante e solenne.
La riduzione delle rese nei vigneti, la vendemmia compiuta al momento giusto,il lavoro in cantina e l’uso del legno creano prodotti nuovi, morbidi e sontuosi.
Di recente, i produttori del Consorzio Nizza, già sottozona del Barbera superiore di Asti,hanno proposto il loro prodotto, il Nizza, che si caratterizza dagli altri prodotti per la sua composizione di 100% di barbera in purezza,creato con un particolare ed uniforme criterio produttivo e frutto di vigneti particolarmente vocati della zona.