Del vitigno Dolcetto le prime notizie risalgono ben al 1593, quando a Dogliani un documento comunale incitava gli agricoltori a vendemmiare con uve dolcetto mature per produrre vino migliore ma la prima citazione scientifica è datata 1798 quando il conte Giuseppe Nuvolone Pergamo, vicedirettore della Società Agraria di Torino, descrisse accuratamente le qualità del vitigno.
L’origine di questa tipologia di uva è contesa tra il Monferrato e la Liguria e anche il nome “dolcetto” ha diverse interpretazioni : potrebbe derivare dalla dolcezza dell’uva matura ma anche dal termine”dosset” cioè bassa collina.
Era tradizionalmente un vino storicamente di scambio tra Piemonte e Liguria, tra collina e piana, vino dal nome curioso e contradditorio perché suggerisce l’idea di un vino da dessert ed è invece un rosso morbido e fresco con un finale amarognolo.La bassa acidità e la dolcezza dei suoi acini, anche se i vini che se ne ricavano sono tutti secchi, la rendono gradevole e spesso consumata in passato come uva da tavola.
Probabilmente il Dolcetto è originario del Piemonte dove è diffusissimo specialmente in Monferrato e nel Cuneese, nella zona di Alba, nell’Oltrepò Pavese e in Liguria, sulle montagne a ridosso del confine piemontese, dove prende il nome di Ormeasco.
Negli anni 20 e 30 l’uva dolcetto fu considerata curativa per le terapie a base di uva o ampeloterapia, per la sua ricchezza di tannini e la sua carenza di acidità e quindi per la sua buona digeribilità, negli anni 70 e 80 era vinificata soprattutto per produrre vino da tavola. Coltivato soprattutto in provincia di Cuneo ed Alessandria, mentre è quasi del tutto assente nelle altre zone sia piemontesi che italiane, è quasi del tutto sconosciuto all'estero, salvo qualche raro ettaro coltivato in California e in Argentina, di cui però si hanno notizie contrastanti.In passato, in un panorama viticolo assai più ricco dell’attuale come numero di vitigni, ma povero di varietà ad uva nera precoci, il Dolcetto era, in effetti, l’uva che maturava prima. Questo fattore ha causato la sua diffusione nell’area preappenninica, nella parte medio-alta dei bacini del Tanaro, del Bormida, e del Belbo, l’Acquese (dove era tanto diffuso da essere chiamato uva d’Acqui), tutto l’Ovadese fino a Novi. Il Dolcetto era ampiamente coltivato fino a cinquecento metri di altezza. Rispetto al Nebbiolo, il Dolcetto matura anche con quattro settimane di anticipo, e quindi nelle zone del Barolo e del Barbaresco può lasciare le posizioni migliori e più esposte al sole, quelle più alte, al vitigno più aristocratico delle Langhe, che, maturando tardi, ha più bisogno di sole. Questa sua facilita di crescita ha fatto sì che, per esempio, anche ad Ovada e ad Alba venga coltivato in zone dove le altre varietà avrebbero grosse difficoltà di maturazione.La “cintura del Dolcetto”, si estende fino alla terra di confine della viticoltura piemontese verso l’Appennino Ligure e le aree più meridionali dei territori a DOC del Dolcetto sono anche quelli in cui il vitigno ha maggiore diffusione cioè le terre di Cuneo e Alessandria. Predilige i terreni collinari, asciutti e poco fertili, le zone argillose e le marne bianche mentre risente negativamente dei terreni pesanti e ricchi.
Il Dolcetto è un vitigno forte e produttivo, resistente alle malattie, di buona resa e di qualità costante che si coltiva con estrema facilità, i cui unici inconvenienti sono rappresentati da una certa sensibilità alle malattie fungine e alla caduta dei grappoli a settembre dovute da alcune mattinate piuttosto fredde. Tuttavia, proprio per la sua precocità, non può essere coltivato in climi caldi, e anche all'estero è presente in pochissime aree fredde.
Una notizia proveniente dall'ampeologo francese Galet, riferisce che il Dolcetto altri non sarebbe che il Douce Noir della Savoia, meglio noto con il nome di Charbonneau, ma, in generale,nessun ampeologo attualmente dubita dell'origine piemontese del Dolcetto.
Se le uve di Dolcetto sono relativamente facili da coltivare, qualche difficoltà può presentarsi durante la vinificazione, perché a causa della bassa acidità le fermentazioni devono essere brevi in confronto alle altre uve, anche se un punto di forza è rappresentato dalla presenza di un buon tannino che consente, nonostante la breve macerazione, di ottenere un vino di colore e di corpo. Le bucce degli acini sono infatti ricchissime di pigmenti, e il vino ha colori molto scuri, rubino-violacei, come se fosse stato prodotto dopo una lunga macerazione.
I vini prodotti con le uve Dolcetto hanno un bel colore rubino, sono asciutti e secchi, con poca acidità e retrogusto lievemente amarognolo e, a seconda della zona di produzione e al sistema di vinificazione, si possono produrre vini freschi, vivaci e di pronta beva, morbidi e da pasto o, se conservati, vini più evoluti per corpo e struttura che reggono bene l’invecchiamento e si esaltano con l’affinamento in legno.Il Dolcetto riesce ad accompagnare moltissimi tipi di pietanze, dagli agnelli alla cacciagione, fino alla carne bianca e ai salumi. Va servito tra i 16 e i 20°C.
Il primo riconoscimento DOC fu del 1972, cui seguirono 3 DOCG E 4 DOC:
Dolcetto di Diano d’Alba DOCG
Dolcetto di Dogliani DOCG
Dolcetto di Ovada Superiore DOCG
Dolcetto di Acqui DOC
Dolcetto di Alba DOC
Dolcetto di Asti DOC
Dolcetto di Ovada DOC
Dolcetto Colli Tortonesi DOC
CONSORZIO OVADA DOCGIl 22 maggio 2014 a Genova è stata organizzata una serata di presentazione e di assaggi degli Ovada docg di una ventina di produttori associati al Consorzio, nella prestigiosa cornice del Salone delle Feste dello storico Palazzo Imperiale, in pieno centro cittadino. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con il Gruppo Degustatori Vino Genova, un attivissimo circolo di appassionati, sommelier e operatori del settore, è stato allestito con la formula del banco di assaggio e con la diretta partecipazione di molti vignaioli: sono state messe in degustazione diverse annate, per permettere la valutazione dell’Ovada docg come vino da affinamento, anche prolungato.Si tratta di Aziende e Cantine che producono in un territorio compreso tra Prasco a Cremolino e che distano circa circa trenta chilometri e dove, ovviamente, sono diversi i terroir ed è diverso il microclima.In zone come Prasco, Molare e Cremolino, per esempio, prevale il terreno argilloso, a Rocca Grimalda, Trisobbio e Carpeneto vi è prevalenza di terra rossa, a Mornese, Casaleggio e Bosio prevale il terreno tufaceo.
Per questa ragione i vini presentati sono differenti tra loro, per le condizioni pedoclimatiche diverse della zona di produzione, oltre, ovviamente,per la diversa sensibilità interpretativa di ogni singolo vignaiolo.
TUTTO-UN –ALTRO-DOLCETTO
“Il nostro intento – ha affermato Italo Danielli, Presidente del Consorzio- è quello di far meglio conoscere l’Ovada docg non solo come una delle massime espressioni del vitigno dolcetto, ma anche sotto l’aspetto della sua peculiare attitudine a dar origine a vini di grande struttura e finezza, con spiccata propensione all’invecchiamento, per ritagliare all’Ovada DOCG il posto che siamo convinti debba spettargli tra i grandi rossi piemontesi.”
Erano presenti le seguenti aziende:Az.Agr. Davide Cavelli
Az.Agr. Giorgio FerrariCà del Bric
Casa Wallace
Cascina BoccaccioCascina Gentile
Castello di GrillanoCollina della Pieve
Colombo Vini
Forti del Vento
Ghera
Ghio ViniGuiglia Carlo
I Pola
La PiriaLa Signorina
La Valletta
Rocco di Carpeneto
Tenuta Elena
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