martedì 6 gennaio 2015

IL CHIANTI E LA SUA STORIA

Il territorio che da secoli produce il vino Chianti Classico, è situato in una parte di Toscana delimitata a nord dai dintorni di Firenze, a est dai Monti del Chianti, a sud dalla città di Siena e a ovest dalle vallate della Pesa e dell’Elsa.
La vite arrivò in Toscana con gli Etruschi come testimoniano alcuni vasi attici del VI secolo a.C. ritrovati a Castellina in Chianti.
La coltura vinicola proseguì durante l’Impero Romano e sopravvisse anche dopo le devastazioni barbariche, grazie all’impegno dei monaci benedettini che, insieme alla cura dello spirito, si occupavano anche delle campagne coltivate a vite e olivo, spingendo la popolazioni a prendersi cura dei campi e della produzione di olio e vino.
A partire dall’anno Mille, si diffuse ovunque, sia nelle terre dei monaci sia in quelle del clero secolare e dei signori laici, la coltura “specializzata” della vite, che veniva allevata in forme basse a filari.
Il termine “Chianti” compare per la prima volta in una pergamena del 790, mentre le prime pergamene in cui si fa riferimento alla vinificazione in Chianti sono del 913 e sono state rinvenute nella chiesa di Santa Cristina a Lucignano.
In epoca medioevale fu terra di continue battaglie e dispute fra le città di Firenze e Siena per il possesso dei territori e fu appunto in quel periodo che
si comprese l’importanza della vite e dell’olivo e che venne sottratto spazio agli estesi boschi di castagni e di querce per produrre olio e vino in quantità sempre maggiore e di qualità sempre migliore tanto da conquistare progressivamente importanza economica e fama internazionale.
Che il vino fosse un prodotto importante lo testimonia, ad esempio, la fondazione a Firenze verso la seconda metà del Duecento, dell’Arte dei Vinattieri, la più importante delle Arti Minori, accompagnata dall’apertura di osterie e celle vinarie.
L’abitudine al consumo del vino, in quell’epoca, si diffuse velocemente e da prodotto di lusso, appannaggio delle tavole nobili, il vino divenne presto una bevanda di consumo popolare: era presente in tutte le case, da quelle dei ricchi a quelle dei contadini, che il più delle volte lo utilizzavano per miscelare un’acqua malsana.
Veniva considerato un vero e proprio alimento e fonti storiche documentano che veniva usato addirittura come farmaco per curare gli ammalati.
Negli antichi documenti si parla di vino “rutilante” o “vermiglio” (se rosso) o “vernaccia” (se bianco).
Dalla fine dell’800 in poi, il vino Chianti Classico si è sempre più affermato sulle tavole di tutto il mondo ed è stato uno dei prodotti italiani più famosi nel mondo.
Le città di Firenze e Siena sono considerate le “capitali” del Chianti Classico e le terre che si estendono tra le due province coprono circa 70.000 ettari che comprendono per intero i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e in parte quelli di Barberino Val d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano in Val di Pesa e Tavarnelle Val di Pesa.
La zona vinicola storica del Chianti si estende nelle province di Firenze, Siena, Arezzo, Pisa e Pistoia ed è suddivisa in:
Colli aretini
Colli fiorentini
Colli senesi
Colline pisane
Montalbano
Montespertoli
Rufina

I confini del Chianti Classico corrispondono più o meno a quelli fissati dal bando del Granduca di Toscana Cosimo III De’Medici nel 1716, epoca in cui, per la prima volta nella storia vinicola, un documento legale prevedeva la delimitazione di un’area di produzione, anticipando di oltre 200 anni ogni altra iniziativa del genere nel mondo.
Si deve, invece, al barone Bettino Ricasoli la famosa formula codificata intorno al 1870 per produrre il Chianti Classico.
Famiglia risalente ai tempi longobardi per nobiltà, i Ricasoli erano già baroni nell’undicesimo secolo, quando fecero costruire il Castello di Brolio a difesa della Repubblica fiorentina contro le pretese di estensione territoriale dei senesi.
Il barone Bettino, chiamato Barone di Ferro (1809/1880), fu uno dei protagonisti del Risorgimento italiano insieme a Cavour, due volte Primo Ministro del Regno e l’inventore della formula di vinificazione del Chianti nonché della storia moderna del vino in Toscana.
Per produrre il Chianti Classico era necessario utilizzare l’uva di tre vitigni:
Sangiovese per sette decimi;
Canaiolo per due decimi;
Malvasia del Chianti per un decimo.

La Malvasia, in seguito, verrà sostituita dal Trebbiano toscano.
Il Chianti viene prodotto ancora così, con uve provenienti da vigneti coltivati a non più di 550 metri di altitudine s.l.m. Il vino ottenuto da uve Sangiovese è molto corposo, dal particolare bouquet, piuttosto aspro da giovane e perciò adatto all’invecchiamento. Il Canaiolo Nero mitiga le asprezze del Sangiovese esaltandone il colore.
L’equilibrio del Chianti doveva essere basato, secondo il Barone, su vitigni che fossero ben assuefatti al terreno. Si ricorreva allora – e venne codificata anch’essa – al Governo alla Toscana che consisteva in una particolare tecnica di vinificazione sostenuta nel secolo scorso per ottenere vini fruttati e profumati. Per ottenere un Chianti governato all’uso toscano, in periodo di vendemmia, si doveva prelevare la parte più matura e più sana del Sangiovese e lasciare i grappoli per sei settimane sui graticci affinché appassissero leggermente col semplice contatto dell’aria.
Queste uve, poi pigiate, venivano unite al mosto di vendemmia che aveva, nel frattempo, già compiuto la sua fermentazione e facevano ripartire una nuova fermentazione lenta e prolungata fino a primavera.
Il Chianti poteva essere messo in commercio e bevuto già l’anno successivo alla vendemmia.
Tra Ottocento e Novecento il Chianti si impose, oltre che in Italia, come uno dei vini più apprezzati all’estero, specialmente in Inghilterra, grazie alla sua buona resistenza durante il trasporto.
Il barone Ricasoli era arrivato a sottoporre il suo vino a prove di navigazione anche a lunghe distanze spedendolo su mercantili sino in India e in Sud America, proprio per valutarne la tenuta.
Successivamente, oltre al Canaiolo e al Colorino, vitigni di zona, fu permessa l’aggiunta anche di Cabernet Sauvignon e di Merlot e, dal 2006, le uve bianche non vennero più utilizzate.
Oggi la vinificazione del Chianti avviene prima in botte grande e poi in bottiglia.
Le caratteristiche
Il vino Chianti Classico DOCG ha colore rubino brillante, tendente al granato e odore profondamente vinoso, floreale e fruttato. Il gusto è asciutto, sapido e vellutato. La quantità di zucchero massima deve essere di 4 grammi al litro di zuccheri riduttori, l’estratto secco totale minimo 2,3% e l’acidità totale minima 5 per mille.
Il Chianti Classico deve essere invecchiato per almeno 11 mesi ed avere una gradazione alcolica minima di 12°.
La gradazione sale a 12,5° per il Riserva, che richiede un invecchiamento minimo di 24 mesi, di cui almeno 3 di affinamento in bottiglia. Rispetto al Chianti Classico, il Riserva è un vino di maggiore finezza e con sentori più marcati, merito delle uve scelte che lo compongono e dell’invecchiamento e solo il 20% del Chianti Classico diventa Riserva.
Di colore rosso più cupo tendente al granato, ha profumo di spezie e frutti di bosco, struttura importante e vellutata.
Col disciplinare del 2013 è nato poi il Chianti Classico Gran Selezione che è stato messo in vendita nel luglio 2014, col vino del 2010.
Quindi ora le etichette sono tre:
Chianti Classico
Chianti Classico Riserva
Chianti Classico Gran Selezione

Leggermente cambiato anche il marchio del Gallo Nero con quello di un Gallo che è raffigurato più possente e dominante sulla scena.
Il Chianti Gran Selezione è un Chianti Classico diverso dagli altri e con mezzo grado in più di alcol, secondo il nuovo disciplinare. Altra grande novità è l’obbligo di dimostrare che l’uva è stata coltivata, raccolta, vinificata e imbottigliata dalla stessa azienda e con l’obbligo di un affinamento più lungo, al minimo di 30 mesi di cui almeno 3 di affinamento in vetro.
I vitigni
Protagonista indiscusso del Chianti Classico è il Sangiovese di qualità superiore, presente in percentuali che possono andare dall’80 al 100%.
Sono ammesse altre uve a bacca rossa per un ammontare complessivo che può arrivare al massimo al 20%: Canaiolo, Colorino, Cabernet Sauvignon e Merlot.
Sono ammesse, infine due uve a bacca bianca come Malvasia e Trebbiano, che da soli o insieme possono arrivare a un massimo totale del 6% (solo fino alla vendemmia del 2005).

Allevamento della vite e vinificazione

Affinché il Chianti Classico mantenga le proprie caratteristiche, il disciplinare del 1996 regola non solo la produzione del vino ma anche la coltivazione delle vigne: ogni ettaro di terra può produrre al massimo 75 quintali di uva equivalenti a circa 52,5 ettolitri di vino; ogni pianta può produrre al massimo 3 Kg di uva e per impiantare nuovi vigneti devono passare 5 anni dall’ultima vendemmia.
I vigneti devono trovarsi su terreni posti a un’altitudine non superiore a 700 metri s.l.m.
La forma di allevamento tradizionale è rappresentata dall’archetto toscano, derivato dalla tecnica Guyot. Negli ultimi anni si è diffuso il “cordone speronato”, forma che si presta a meccanizzazione senza rinunciare alla qualità.

Il simbolo
Il Gallo Nero è lo storico simbolo del Chianti adottato come marchio per il vino Chianti Classico dal Consorzio che raggruppa i produttori e che ne tutela l’immagine.
La scelta del Gallo Nero come simbolo rappresentativo del Consorzio dei produttori ha origini antichissime come attesta la tradizione e vale la pena ricordare l’antica storia della nascita di tale stemma.
La tradizione vuole che nel Medioevo le città di Firenze e Siena rivendicassero, ricorrendo spesso alle armi, il controllo su questo preziosissimo angolo di Toscana, ma entrambe, stanche di battaglie, decisero di regolare la questione con un singolare e pacifico arbitrato.
Infatti, le due città si accordarono di affidare la delimitazione dei loro confini contesi ad una sfida pacifica tra due cavalieri uno in rappresentanza di Firenze e l’altro di Siena. La prova cavalleresca prevedeva che il confine sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si fossero incontrati partendo al canto del gallo dalle rispettive città.
I senesi scelsero un gallo bianco e lo nutrirono con cibo prelibato, convinti che all’alba avrebbe cantato più forte, invece, i fiorentini, scelsero un gallo nero che tennero volutamente a digiuno.
Il giorno della prova il gallo nero fiorentino, affamato, iniziò a cantare molto prima dell’alba, mentre quello bianco senese, sazio, dormiva tranquillo.
Così, il cavaliere fiorentino al canto del gallo iniziò la sua corsa al galoppo, mentre quello senese dovette aspettare ancora prima che il gallo bianco cantasse: il risultato fu che i due cavalieri si incontrarono a soli 12 km dalle mura di Siena e così la Repubblica fiorentina potè annettersi la quasi totalità dei territori del Chianti, area geografica di 70 mila ettari di superficie dove si produce il vino Chianti Classico che ha caratterizzato l’economia e anche il paesaggio della zona.
Il Chianti, in definitiva, è vino amato in tutto il mondo
Ed è certamente uno dei vini più conosciuti.
Tanto che negli ultimi trent’anni inglesi, tedeschi, olandesi, americani attratti dalla magnifica campagna chiantigiana e dal pregiato vino, hanno comprato case e fattorie nel Chianti creando il cosiddetto “Chiantishire“ e, a tale proposito, non si possono non citare le parole dell’enologo e giornalista Burton Anderson che ha scritto:
“Se la Toscana merita di essere descritta come la più caratteristica delle regioni d’Italia, il Chianti s’impone di gran lunga come il più italiano dei vini“.


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